
le mie idee sulla vita e il mondo
A pugni chiusi
21.01.2012 10:41Si impara dai propri errori, se uno ha la serenità intellettuale per potersi emendare. Per lo più, siamo troppo coinvolti emotivamente dai problemi per fare tesoro di quello che la vita ci insegna. Non è il momento dell'ansia e dell'angoscia quello più favorevole per comprendere noi stessi e gli altri. Così, di fatto, si riesce a riflettere meglio guardando in modo esterno e distaccato gli errori degli altri. Situazioni che facilmente, anche troppo, ci inducono a pontificare ed arrischiare l'idea di facili soluzioni. E spesso, per quanto mi riguarda, lo stimolo a dare consigli non richiesti, che sugli altri di solito hanno un effetto pari a zero.
Tuttavia tutto serve, e non bisogna buttare via niente: i consigli che diamo agli altri sono ottimi per noi.
Ultimamente in ufficio ho dovuto assistere ad alcuni episodi di conflitto personale tra colleghi, sfociati in risse più o meno verbali, alle quali non ho personalmente assistito. Mi è toccato comunque coinvolgermi sia per gli aspetti disciplinari, che per cercare soluzioni di composizione del conflitto per mandare avanti il lavoro. Il che mi ha indotto a riflettere sul conflitto relazionale, e a cercare soluzioni che quanto io sono stato personalmente coinvolto in situazioni simili non ho avuto la lucidità e serenità intellettuale di poter individuare.
La lite è lo scoppio di un conflitto che cova come un vulcano, in tempi più o meno lunghi. Questa eruzione violenta e aggressiva non serve quasi mai a chiarire nulla. Quando si litiga, si tirano su i fortini. Non si è pronti a riconoscere il punto di vista dell'altro, per principio. E' una micro-guerra, che è insensata come tutte le guerre, e porta solo morti e feriti tra i sentimenti di entrambe le parti. So di non essere condiviso da tutti gli amici quando dico che la lite è sempre da evitare; in particolare so che alcuni sostengono che meglio dirsi le cose in faccia che covare dei rancori ad alimentare le proprie nevrosi e ulcere gastriche. Ok, meglio non trattenere sentimenti negativi a lungo, per igiene mentale; ma i conflitti vanno gestiti prima che sfocino in liti. Almeno, questa è la mia opinione.
Proprio ieri sul lavoro una mia collaboratrice mi ha rappresentato di essere stata vittima di un'ingiustificata aggressione verbale da parte di una collega, chiedendomi di procedere contro quella.
E' stata per me l'occasione di individuare una soluzione, che fosse concretamente applicabile al caso. Ho detto alla mia collaboratrice questo: bisogna perseguire tre fondamentali direttrici.
Innanzitutto occorre prevenire: se si individuano le occasioni di lite, occorre evitarle, girare al largo. Evitare chiacchere inutili, tentativi sterili di spiegazioni che in un momento di rancore non possono penetrare oltre le mura difensive dell'altro. Meglio salutare quando ci si incontra, e non tenere i musi. Ma non si può avere troppa fretta di chiarirsi, ci vuole un tempo di decantazione. Quindi, prevenire il conflitto verbale, che non serve a nessuno.
In secondo luogo, occorre armarsi di santa pazienza. Nella vita ci sono mille occasioni di dover imparare a sopportare le persone moleste. Lo dobbiamo fare tutti, nessuno escluso. Dobbiamo prendere coscienza di essere molesti - nostro malgrado - gli uni con gli altri. E che per farci perdonare la molestia che diamo, non possiamo che umilmente tollerare l'altrui. Siamo tutti uguali: offensivi, irritanti, provocatori. Nessuno escluso. Solo chi vive nella chimera di non esserlo non è disposto a sopportare gli altri. Chi non pazienta è il più molesto, solo per questo.
Terzo e ultimo - ma primo per importanza - passaggio obbligato della gestione del conflitto, è la comprensione. Che non vuol dire affatto, che si riesca a capire perchè l'altro si comporta così. Questo non succede quasi mai. Non riusciamo neanche a capire noi stessi, gli altri sono un universo misterioso. Comprensione significa aprirsi al punto di vista dell'altro. Tentare di uscire dalla propria prospettiva. Simulare quello che faremmo noi al suo posto. Rinunciare a giudicare i comportamenti altrui, prendendo coscienza dell'ignoranza inevitabile dei fattori che li determinano. Non sappiamo perchè la gente si comporta in un certo modo. Rimaniamo quotidianamente stupiti persino dai nostri comportamenti, perchè spesso determinati da motivazioni inconscie. Non possiamo giudicare gli altri perchè non sappiamo, e quindi per lo stesso principio razionale e legale per cui uno va considerato innocente fino a che non sia definito giudicato, non possiamo condannare gli altri per il loro comportamento sbagliato. Che rimane sbagliato anche se rinunciamo ad avercela con l'autore. La logica del perdono è inevitabile. Non possiamo che andare avanti nei rapporti, non possiamo permetterci di bloccarci sugli errori altrui. Dobbiamo perdonare per poter vivere. Visto che non potremo mai capire tutto e giudicare qualcuno, tanto vale andare avanti. Non rinunceremo a difenderci dalle aggressioni, ma non possiamo permetterci di girare tutta la vita con la spada sguainata.
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